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Disturbo ossessivo compulsivo: ossessioni e compulsioni

Oggi vorrei parlare di ossessioni e ossessività, quel tratto caratteriale che, se preso in piccola dose, può essere valorizzato alla pari della precisione e minuziosità necessaria a essere apprezzati sul lavoro e in famiglia, ma se eccede ci fa sconfinare nell’ambito patologico, diventando fonte di grave sofferenza sia per la persona che ne è affetta sia per coloro che la circondano.

Disturbo ossessivo compulsivo: figure tipiche

La figura tipica, nell’immaginario collettivo della persona affetta da disturbo ossessivo-compulsivo, è quella di una persona che è presa in maniera eccessiva da rituali che si ripetono ostacolando in maniera significativa le normali attività quotidiane. Ad esempio lavarsi le mani ripetutamente, controllare “ossessivamente” che il gas sia spento, accertarsi che la porta di casa sia chiusa ecc. non sono che alcune, ma forse le più conosciute, forme che questo disturbo può assumere: un esempio cinematografico che rende l’idea di questa varietà si può ritrovare nel film Qualcosa è cambiato dove, quello che viene messo in evidenza, riguarda la compulsione del protagonista ad intrattenere relazioni con donne molto più giovani di lui, forse proprio per non dover pensare ed affrontare le angosce relative all’invecchiamento e alla morte.

In effetti questa è una prospettiva del disturbo molto più attuale e meno manualistica del disturbo ossessivo-compulsivo. Così come ci sono persone che spendono moltissimo tempo ed energie per cercare di addivenire ad una soluzione o a una scelta, sentita come estremamente difficoltosa, tanto da rimanere imbrigliati nel processo decisionale senza poter mai giungere alla realizzazione dei propri desideri.

Ossessioni e compulsioni: le differenze

Anche se, per definizione, l’ossessione e la compulsione vengono associati (si parla infatti di disturbo ossessivo-compulsivo) in realtà è utile chiarire che, pur avendo la stessa funzione – in termini di economia psichica – esse differiscono profondamente nella loro struttura.

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Le ossessioni

Le ossessioni vengono definite come: idee, pensieri, impulsi o immagini ricorrenti e persistenti che si intromettono nella coscienza causando ansia e disagio, non riflettendo semplicemente una semplice preoccupazione.

Ciò di cui è vittima la persona ossessiva viene ben descritto dalle parole di Fachinelli:“le operazioni volte alla più perfetta esecuzione dell’agire comportano, in realtà, la sua tendenziale esclusione, la riaffermazione di uno stato di immutabilità ed immobilità nel presente. Non c’è né futuro né passato, c’è una condizione “stazionaria” nella permanente irrequietezza”.

Emerge chiaramente come l’ossessivo fatichi a tradurre in azione ciò che sta pensando perché continuamente assalito dai dubbi circa la perfezione o meno di quello che ha pensato e quindi sulla correttezza o meno di quello che deve fare concretamente. Quello descritto da Fachinelli sembra un limbo in cui l’ossessivo è destinato a rimanere senza possibilità di emergerne, ed un tempo a cui è destinato a sottostare, un tempo ciclico, ricorsivo, dove non c’è la possibilità di andare avanti, ma solo di permanere nella stessa identica situazione. Quello che l’ossessivo cerca con tutti i mezzi di fronteggiare è proprio il cambiamento, la possibilità di andare avanti, che viene avvertita con dei forti sentimenti di colpa. Per non contattare tutto questo si condanna all’immobilità.

Le compulsioni

Pur avendo la stessa identica finalità delle ossessioni, le compulsioni riguardano invece un agire che invade del tutto il campo senza permettere al soggetto di accedere al pensiero (che viene utilizzato solo compulsivamente, come contare, pregare, ripetere alcune parole). Un esempio molto noto a tutti, ma che difficilmente verrebbe definito come compulsione, è quello della persona che ha il bisogno impellente di giocare la schedina ogni ora, piuttosto che di perdere quasi tutto il suo tempo a controllare l’esito delle scommesse, o ancora a cercare spasmodicamente una gratificazione sessuale finanche a pagamento.

In entrambi i casi la funzione del sintomo è quella di ostacolare l’emergere dei sentimenti di angoscia avvertiti dal soggetto come pericolosi per la propria sopravvivenza psichica con il risultato di una totale immobilità evolutiva. Il lavoro psicoterapico con persone affette da questo tipo di patologia sarà volto innanzitutto a dar vita ad una relazione di fiducia con il terapeuta dove il soggetto potrà sentirsi meno solo nell’affrontare sentimenti percepiti da lui come pericolosi e che, normalmente, vengono tenuti a bada attraverso i comportamenti patologici descritti.

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