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Adhd: sintomi, diagnosi, cause e cure

Mi chiamo G. ho nove anni e frequento la quarta b. Odio la scuola. Le maestre mi mettono sempre dietro la lavagna. Quando sto in classe non riesco a stare attento e mi alzo sempre dal banco. Non so cosa ho, ma è più forte di me! Anche mamma e papà mi sgridano sempre. Non ce la faccio più, la mia vita è diventata un incubo!

Come G. oggi ci sono molti bambini  che vivono la stessa situazione. Lavorando come psicologo scolastico, sempre più  frequentemente incontro docenti che mi inseguono nei corridoi della scuola chiedendomi disperatamente un consiglio per uno o più  bambini della loro classe. Questi alunni non riescono a stare seduti al banco, si dimenano continuamente sulla propria sedia, disturbano l’andamento delle lezioni, provocano i compagni,  non mantengono l’attenzione e la concentrazione su un compito per più di qualche minuto.

Anche i genitori sono disperati. A casa il bambino ha un comportamento dirompente, ha difficoltà ad organizzarsi e a portare a termine i compiti; salta continuamente da una cosa all’altra, è distratto da cose o rumori per altri irrilevanti, parla incessantemente, non attende il proprio turno in una conversazione sparando le risposte prima che le domande siano state formulate.

Deficit di attenzione e Iperattività: cosa è?

Il DSM 5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali nella sua quinta edizione) racchiude i bambini con questo disagio nella categoria diagnostica dell’ADHD (Attention deficit hyperactivity disorder). Specifica che il disagio deve creare una compromissione del funzionamento sociale e scolastico per un periodo di almeno sei mesi.

Specifica, inoltre, anche i sottotipi di ADHD:

  1. quello con disattenzione predominante
  2. quello con impulsività predominante
  3. quello di tipo misto.

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Afferma che la caratteristica principale dell’ADHD è una persistente modalità di disattenzione e/o iperattività e impulsività che è più frequente e più grave di quanto si osserva tipicamente in soggetti con un livello di sviluppo paragonabile.
Deve anche essere presente una compromissione del funzionamento del bambino in almeno due contesti diversi (per esempio a scuola e a casa) e deve esserci un’interferenza con il funzionamento sociale e scolastico adeguato rispetto al livello di sviluppo.

Deficit di attenzione e iperattività: la diagnosi

Per formulare una diagnosi di ADHD bisogna quindi valutare più fattori.

Attenzione alle diagnosi selvagge!

Una valutazione può essere effettuata solo da uno psicologo o da uno psichiatra. Ho conosciuto molti/e insegnanti e anche genitori tendenti ad etichettare un bambino come iperattivo solo perché disturba o disattende le aspettative altrui. Infatti la disattenzione  può verificarsi in bambini molto intelligenti che si trovano  in ambienti poco stimolanti dal punto di vista didattico. Tale disattenzione non è inquadrabile nel disturbo da deficit di attenzione con iperattività anche se spesso succede proprio questo.

Deficit di attenzione e iperattività: le cause

Sulle cause dell’ADHD ci sono pareri discordanti. Alcuni anni fa la comunità scientifica credeva che i bambini con ADHD avessero una Disfunzione cerebrale minima, cioè avessero una minore massa cerebrale rispetto ai bambini normali. Ma la ricerca era condotta su bambini già medicalizzati (che già assumevano psicofarmaci). Molti furono gli scettici. Tra le critiche maggiori ci fu quella che accusava gli sperimentatori di aver condotto le ricerche su bambini già trattati farmacologicamente. Non era quindi chiaro se la riduzione della massa cerebrale fosse dovuta allADHD o alla somministrazione ripetuta di psicofarmaci.

Attualmente la maggior parte dei ricercatori e dei clinici crede che la biologia interagisca con l’ambiente nella genesi del disturbo. Bisogna tenere in conto l’avvento delle nuove tecnologie, la smart generation (generazione con gli smart phone), la libera fruizione delle informazioni sul web. La velocità con cui si accede alle informazioni è tale che oggi i bambini fanno di solito più cose contemporaneamente disperdendo così l’attenzione e la concentrazione.

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Scuola e Famiglia

Il clima scolastico e familiare è frequentemente caratterizzato da ostilità e risentimento verso questi bambini. Si interpreta infatti il loro atteggiamento come volontario. In realtà non è così, il bambino ha realmente una difficoltà. Se gli si chiede di smettere di attuare un certo comportamento il bambino risponderà che è più forte di lui, che non ce la fa proprio a stare fermo, che vorrebbe ma non ci riesce. Siamo di fronte ad una vera e propria difficoltà emotiva.

Il bambino vive realmente un disagio. Ha difficoltà a gestire le proprie emozioni, in particolare quelle spiacevoli (tristezza, dolore, rabbia). Non riesce a tollerare la frustrazione di non ottenere subito ciò che vorrebbe. Se, durante una lezione, “sente  di voler dire una cosa ad un compagno seduto dall’altra parte della classe, spesso si alza e esaudisce il suo desiderio senza curarsi delle conseguenze del gesto. Se gli viene impedito di fare ciò che vuole ha spesso forti accessi dira. Quindi è frequentemente oggetto di rimproveri e facilmente diventa il  capro espiatorio del gruppo-classe.

Pochi, purtroppo sono gli/le insegnanti che considerano questi comportamenti espressione di un disagio ed una richiesta di aiuto che il bambino, a suo modo, sta comunicando agli adulti. L’adulto, invece spesso risponde con ostilità e disapprovazione. Tale risposta nell’immediato fornisce un contenimento al bambino (poiché egli è obbligato a rispettare delle rigide regole di comportamento), ma non gli fornisce gli strumenti per gestire da solo, in futuro, le situazioni in cui le proprie emozioni diventano dirompenti e ingestibili.

Anzi, il più delle volte il bambino si sente mortificato, in colpa, maggiormente angosciato con conseguenze infauste per l’autostima. Si crea un circolo vizioso che aumenta l’angoscia del bambino, circolo che è rinforzato  dal comportamento dell’adulto presente in quell’interazione.

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Educare alla diversità

Un bambino diagnosticato come ADHD è un bambino che viene etichettato come “diverso”. Egli rappresenta metaforicamente il diverso. Una diversità che per essere tale deve discostarsi da una ipotetica normalità. E chi ha deciso la normalità? Forse il contesto sociale? Il modo in cui ci rapportiamo ad una persona “diversa” ci dice molto del modo in cui noi trattiamo le molte sfaccettature di noi stessi. Pensiamo di essere delle monadi o invece di  avere più facce? E come ci rapportiamo con questi altri lati del nostro essere? Li detestiamo, li ignoriamo, li amiamo? 

Una famiglia, una scuola, una società che integra il diverso e da questo apprende  è una comunità ecologica, in continua crescita. Al contrario, una famiglia, scuola, società che esclude il diverso e va avanti solo secondo canoni prestabiliti è destinata, secondo me, all’inaridimento. Ha, infatti, chiuso le porte all’esterno e vive solo di ciò che possiede. Non può più apprendere, dato che l’apprendimento scaturisce dall’esperienza e l’esperienza si fa nelle relazioni con gli altri. Ha un vero e proprio disturbo dell’apprendimento, ma di questo parlerò nel prossimo articolo.

Deficit di attenzione e iperattività: la psicoterapia

Nel contesto terapeutico, un contesto particolare di attenzione alla dimensione emotiva ed esistenziale dell’individuo, il bambino e i membri della famiglia possono iniziare un processo di attribuzione di senso al disagio. Possono iniziare a rivisitare la propria storia individuale e/o familiare secondo un’ottica diversa. Molto spesso la famiglia, con l’aiuto del terapeuta  diventa consapevole che il disagio del bambino nasconde un malessere generale che coinvolge tutti i membri.  Una mia ricerca mette in evidenza come i bambini con ADHD sperimentino la separazione dalle figure significative (genitori biologici e/o sociali, nonni, zii) come disorganizzante per il proprio stato mentale.

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L’agitazione e la mancanza di attenzione sono lunico  modo in cui il bambino riesce a gestire le emozioni dolorose dovute alla separazione. Un modo bizzarro ma l’unico che il bambino conosce. Il mio approccio al trattamento di questo disturbo prevede, inizialmente, un intervento con tutta la famiglia con regolari sedute di terapia familiare.

Se il disturbo non dovesse migliorare nell’arco di qualche mese, a ciò associo degli incontri terapeutici con il bambino. Nel caso in cui il disturbo sia associato con un disturbo specifico dell’apprendimento (tratterò questi disturbi nel prossimo articolo) l’intervento con il bambino è immediato.

Raramente un ADHD deve essere trattato con farmaci  nonostante ce ne sia un massiccio utilizzo. A parer mio è un problema di produttività. Una terapia richiede tempo per permettere l’elaborazione di nuovi modi di rapporto con se stessi e con gli altri; la prescrizione di un farmaco ne richiede molto meno e con lo stesso tempo un professionista riceve più persone. Questa considerazione non vuole essere una polemica ma una constatazione di ciò che succede realmente. Oltretutto non sono contro la terapia farmacologica che, in alcuni specifici casi può essere di aiuto. Voglio affermare che in questo modo si trascura l’aspetto esistenziale ed emotivo della persona; non si riflette sul perché di un determinato problema e di come l’atteggiamento, le credenze e il modo di vivere dell’individuo lo mantengano. 

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