VIOLENZA SULLE DONNE
Cosa si intende per violenza sulle donne, quanto è diffuso il fenomeno in Italia, quali tipi di violenza si distinguono e quali leggi ci sono per contrastare il fenomeno?
La violenza sulle donne si riferisce ad ogni forma di violenza fisica, sessuale, psicologica, economica e/o culturale che è commessa contro le donne a causa del loro genere. La violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani fondamentali e costituisce un grave problema sociale a livello mondiale.
In Italia, la violenza sulle donne è un fenomeno diffuso. Secondo dati del Ministero dell’Interno, nel 2020 sono state denunciate 82.046 violenze di genere e femminicidi, con un aumento del 4,4% rispetto all’anno precedente.
Esistono diversi tipi di violenza contro le donne, tra cui:
- Violenza fisica: comprende ogni forma di aggressione fisica, come percosse, schiaffi, strangolamenti, lesioni e omicidi.
- Violenza sessuale: comprende ogni forma di violenza sessuale, tra cui lo stupro, la molestia sessuale, la coercizione sessuale e la violenza sessuale durante il matrimonio.
- Violenza psicologica: comprende ogni forma di violenza psicologica, come l’isolamento, la minaccia, il ricatto, la derisione, l’umiliazione, la privazione di libertà, la sorveglianza costante e il controllo delle azioni delle donne.
- Violenza economica: comprende ogni forma di violenza economica, come il controllo dei soldi, la privazione di risorse economiche, la negazione del diritto al lavoro e la riduzione della donna ad una condizione di dipendenza economica.
In Italia, ci sono diverse leggi per contrastare il fenomeno della violenza contro le donne. La legge più importante è la Legge 119 del 2013, che definisce la violenza di genere come un reato e prevede pene severe per i responsabili. Inoltre, esistono diversi servizi per le donne vittime di violenza, tra cui i centri antiviolenza, i consultori familiari, le case rifugio e le linee telefoniche di ascolto e di sostegno. Inoltre, esistono campagne di sensibilizzazione e prevenzione, volte a far emergere il fenomeno e a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla gravità della questione.
Come mai gli studiosi preferiscono parlare di violenza nelle relazioni intime (Intimate Partner Violence, IPV)?
Gli studiosi preferiscono spesso utilizzare il termine “violenza nelle relazioni intime” (IPV) perché riconoscono che la violenza contro le donne, in particolare, è spesso perpetrata da persone a cui la vittima è legata da una relazione intima, come il partner, il coniuge o l’ex partner.
L’utilizzo di questo termine rappresenta un’evoluzione nella comprensione del fenomeno della violenza di genere, che è stato a lungo considerato un problema che riguardava principalmente le donne nel contesto degli attacchi sessuali o delle molestie da parte di sconosciuti o di aggressori esterni. Tuttavia, la maggior parte della violenza contro le donne avviene in contesti privati, tra persone che si conoscono e spesso sono coinvolte in relazioni intime o affettive.
Inoltre, il termine “IPV” tiene conto della complessità delle relazioni intime e della dinamica del potere che spesso sottende alla violenza di genere. Gli studiosi hanno riconosciuto che la violenza nelle relazioni intime può assumere forme diverse, tra cui la violenza fisica, la violenza sessuale, la violenza psicologica e la violenza economica. Inoltre, gli studiosi hanno anche riconosciuto che la violenza può essere perpetrata da entrambi i partner, anche se le donne sono ancora le principali vittime della violenza nelle relazioni intime.
In sintesi, l’utilizzo del termine “Intimate Partner Violence” riflette la comprensione più avanzata del fenomeno della violenza di genere, che considera la dinamica di potere, le relazioni intime e le diverse forme di violenza che possono essere perpetrate da partner intimi.
Sono stati individuati diversi profili di persone maltrattanti? Quali sono e come si caratterizzano?
Sì, sono stati individuati diversi profili di persone maltrattanti, anche se è importante sottolineare che non esiste un unico profilo di maltrattante e che ogni persona che commette violenza nelle relazioni intime è unica e complessa.
Tuttavia, gli studi sul tema hanno identificato alcuni tratti e caratteristiche che possono essere comuni tra le persone maltrattanti, tra cui:
- Controllo e possessività: le persone maltrattanti tendono a voler controllare e dominare il partner, spesso attraverso l’isolamento, il controllo delle attività, la negazione della libertà personale e il ricorso alla violenza.
- Gelosia patologica: le persone maltrattanti tendono a essere estremamente gelose e possessive, anche se non vi è alcun motivo reale per il sospetto. Questo comportamento può portare a comportamenti violenti.
- Bassa autostima: le persone maltrattanti spesso presentano una bassa autostima e possono cercare di compensare questa insicurezza con il controllo e la violenza.
- Problemi di rabbia e impulsività: le persone maltrattanti possono avere difficoltà a gestire le proprie emozioni, in particolare la rabbia, che può portare a comportamenti violenti.
- Abuso di sostanze: le persone maltrattanti possono abusare di alcol o droghe, il che può aumentare la probabilità di comportamenti violenti.
- Esperienze di abuso nell’infanzia: alcune persone che commettono violenza nelle relazioni intime possono avere subito abusi o trascuratezza nell’infanzia, il che può aumentare la probabilità di commettere violenza in età adulta.
- Disturbi mentali: alcune persone che commettono violenza nelle relazioni intime possono avere disturbi mentali, come la depressione, l’ansia o il disturbo borderline di personalità.
È importante sottolineare che questi tratti e caratteristiche non sono sempre presenti e che non tutte le persone che li hanno commettono violenza nelle relazioni intime. Inoltre, queste caratteristiche non sono scuse per la violenza e non devono essere usate per giustificare o minimizzare l’impatto della violenza sulle vittime.
Oltre ad avere individuato dei tratti più o meno tipici, sono state descritte anche diverse categorie di persone maltrattanti?
Sì, alcuni studiosi hanno descritto diverse categorie di maltrattanti, anche se questi modelli di categorizzazione non sono universalmente accettati e sono stati oggetto di dibattito nella comunità accademica.
Ad esempio, il modello tripartito proposto da Tweed, Dutton e altri studiosi, è un altro modello di categorizzazione dei maltrattanti nelle relazioni intime. Secondo questo modello, esistono tre categorie di maltrattanti basate sui tratti di personalità:
- Maltrattanti affettivi: questi maltrattanti presentano un alto livello di dipendenza emotiva dal partner e possono manifestare gelosia e possessività eccessive. Spesso provano sentimenti di abbandono e possono essere depressi o ansiosi.
- Maltrattanti antisociali: questi maltrattanti presentano tratti di personalità antisociale, come impulsività, mancanza di empatia, narcisismo e comportamenti devianti. Sono più inclini a commettere reati e ad avere storie di comportamenti delinquenziali.
- Maltrattanti narcisistici: questi maltrattanti presentano tratti di personalità narcisistica, come grandiosità, bisogno di ammirazione e mancanza di empatia. Sono inclini a considerare il partner come un oggetto da possedere e a cercare di esercitare il controllo su di loro.
Tuttavia, ci sono stati molti altri contributi e modelli di categorizzazione dei maltrattanti nelle relazioni intime oltre al modello tripartito. Ecco qui di seguito alcuni esempi di modelli di categorizzazione dei maltrattanti e dei loro contributi.
Hamburger e Hastings (1991): Questi autori hanno proposto un modello di categorizzazione dei maltrattanti basato sulle motivazioni alla base del comportamento violento. In base a questo modello, i maltrattanti possono essere suddivisi in quattro categorie: 1) “maltrattanti situazionali” che commettono atti violenti solo in specifiche situazioni di stress, 2) “maltrattanti impulsivi” che commettono atti violenti a causa di problemi di controllo degli impulsi, 3) “maltrattanti di controllo” che usano la violenza per controllare e dominare il partner, e 4) “maltrattanti antisociali” che commettono violenza anche fuori dalla relazione intima.
Holzworth-Monroe e Stuart (1994): Questi autori hanno proposto un modello di categorizzazione basato su tre fattori: 1) l’estensione della violenza (fisica, sessuale, psicologica), 2) la gravità della violenza, e 3) la frequenza della violenza. In base a questi fattori, i maltrattanti possono essere suddivisi in quattro categorie: 1) “maltrattanti occasionali” che commettono atti violenti occasionali e meno gravi, 2) “maltrattanti situazionali” che commettono atti violenti solo in situazioni specifiche, 3) “maltrattanti moderati” che commettono atti violenti in modo frequente e grave, ma non a livelli estremi, e 4) “maltrattanti estremi” che commettono atti violenti estremamente gravi e frequenti.
Saunders (1996): Saunders ha proposto un modello di categorizzazione dei maltrattanti basato sulle cause della violenza. In base a questo modello, i maltrattanti possono essere suddivisi in tre categorie: 1) “maltrattanti che agiscono per motivi situazionali”, che commettono violenza a causa di stress o di conflitti situazionali, 2) “maltrattanti che agiscono per motivi di controllo”, che commettono violenza per esercitare controllo sul partner, e 3) “maltrattanti che agiscono per motivi di punizione”, che commettono violenza per punire il partner per comportamenti percepiti come inaccettabili.
Infine, in Italia uno dei modelli di riferimento è quello di Simona Galasso, psicologa e psicoterapeuta, che integra questi diversi contributi e ha proposto una categorizzazione dei maltrattanti basata sulla sua esperienza clinica nel lavoro con uomini autori di violenza sulle donne. La sua proposta di categorizzazione è composta da quattro tipologie di maltrattanti:
- Maltrattante narcisista: è caratterizzato da una forte autostima, bisogno di controllo e dominio, e dalla convinzione di essere superiore al partner. Solitamente, la violenza che esercita è di tipo psicologico e non fisico, ma può aumentare in gravità se la partner tenta di resistere.
- Maltrattante borderline: è caratterizzato da un forte senso di abbandono, che lo porta a essere possessivo e geloso, e da una scarsa capacità di tollerare la frustrazione. La violenza in questo caso è spesso scatenata da un evento che viene percepito come un abbandono o un tradimento, anche solo presunto.
- Maltrattante dipendente: è caratterizzato dalla necessità di dipendenza dal partner, da una bassa autostima e dal timore di rimanere soli. In questo caso, la violenza può essere scatenata dalla paura di perdere il partner, dalla gelosia e dalla necessità di mantenere un controllo costante sulla relazione.
- Maltrattante antisociale: è caratterizzato da un comportamento impulsivo e violento, con una totale mancanza di empatia nei confronti del partner. La violenza in questo caso è spesso scatenata da un bisogno di potere e di controllo sulle persone intorno a sé.
È importante sottolineare che la categorizzazione di Galasso non è una classificazione esaustiva e non vuole rappresentare una verità definitiva sul fenomeno della violenza sulle donne, ma piuttosto una proposta che può essere utile in una prospettiva clinica per comprendere le diverse motivazioni e dinamiche dei maltrattanti. Inoltre, ogni situazione di violenza è unica e complessa e non tutti i maltrattanti rientrano in queste categorie.
Ci sono poi degli studiosi che si sono concentrati sulla dinamica di IPV anziché la persona maltrattante?
Sì, ad esempio Kelly e Johnson sono due autori che hanno proposto modelli di categorizzazione dei tipi di violenza nelle relazioni intime (Intimate Partner Violence, IPV).
Il modello di Kelly prevede tre tipi di IPV: violenza coercitiva, violenza di resistenza e violenza situazionale. La violenza coercitiva è quella in cui il maltrattante cerca di esercitare il controllo sul partner attraverso l’uso di minacce, intimidazioni e violenza fisica. La violenza di resistenza si verifica quando il partner vittima si difende dal maltrattante e cerca di proteggersi attraverso l’uso della violenza. La violenza situazionale si verifica in situazioni di conflitto in cui entrambi i partner possono usare la violenza.
Il modello di Johnson prevede invece due tipi di IPV: violenza intima di controllo e violenza intima situazionale. La violenza intima di controllo è quella in cui il maltrattante cerca di esercitare il controllo sul partner attraverso l’uso di minacce, intimidazioni e violenza fisica. Questo tipo di violenza si verifica quando il maltrattante percepisce una minaccia al proprio controllo sulla relazione. La violenza intima situazionale si verifica in situazioni di conflitto in cui entrambi i partner possono usare la violenza.
Entrambi i modelli sono stati criticati per la loro semplificazione della complessità della violenza nelle relazioni intime. Tuttavia, essi possono fornire una base per una comprensione iniziale dei diversi tipi di violenza nelle relazioni intime. È importante notare che ogni situazione di violenza è unica e può presentare diverse caratteristiche e motivazioni.