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Il terremoto nei bambini

“Non so più cosa fare: dall’ultima scossa, mio figlio non è più lo stesso…  non dorme bene, ha paura di rimanere solo, è sempre nervoso, piange spesso e sembra inconsolabile….”.   

Il Terremoto è un evento naturalmente eccezionale, imprevedibile e incontrollabile.  Maggiore è il sentimento della propria vulnerabilità, tanto sarà la portata traumatizzante. Per trauma intendiamo l’essenza dell’esperienza che è stata vissuta dalla persona con intensa paura e impotenza, che ha implicato morte, o minaccia di morte, o gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o altrui.

Quando il bambino si trova ad affrontare una catastrofe naturale e la subisce, inevitabilmente da esterna diventa interna, in quanto egli ha ben compreso che esiste un “qualcosa di più potente” della volontà e possibilità degli adulti di salvarlo da un pericolo imminente, concreto e mortifero che può colpire non solo se stesso, ma anche i suoi genitori ritenuti – fino a quel momento – invincibili e immortali.

Infondo il bambino subisce un “Terremoto psichico” percepito come conferma dei peggiori timori e dei fantasmi interni – come la realtà e l’imminenza della morte – dal momento che nessuno può garantirgli più alcuna protezione.

Spiegare ad una bambino cos’è il Terremoto e le sue conseguenze – come la morte, la perdita, il crollo o l’inagibilità della casa nella quale è cresciuto, della scuola, ecc. – spiegare al bambino perché le sue abitudini e le sue attività quotidiane sono state stravolte, è per i genitori molto complicato, in quanto già costretti a destreggiarsi con i propri timori e angosce più profonde.

Per questo è fondamentale informare preventivamente il bambino sul Terremoto – e su come comportarsi durante una scossa – e non dopo il suo manifestarsi, impedendogli così il crollo della fiducia in sé stesso, nei propri genitori e di attribuire all’evento sismico un significato altamente disturbato e stravolto.

Macksoud M. (1993) precisa “Il significato che un bambino attribuisce a un evento o una esperienza specifica determinerà appunto quanto tale evento o esperienza sia penalizzante per il bambino”. La morte violenta di una persona cara e gli effetti di tale violenza – abitazioni distrutte, corse frenetiche dei genitori per metterli in salvo, scosse frequenti, ecc. – generano nel bambino, oltre a reazioni depressive, un incremento del livello d’ansia con lo sviluppo di varie fobie e attacchi di panico.

A causa del contemporaneo accadere delle scosse, sebbene i bambini possano esprimere uno stato d’ansia generalizzata “gran parte dei problemi comportamentali possono essere riconducibili a specifici eventi stressanti o a drastici cambiamenti nella vita quotidiana del bambino” (Macksoud M. 1993).

Le reazioni ad eventi altamente stressanti o traumatici, dipendono da alcune variabili:

  • Il tipo di evento: è importante distinguere gli eventi che il bambino ha effettivamente vissuto da quelli di cui ha sentito parlare o che ha visto in televisione
  • La personalità
  • L’età: riguarda la comprensione dell’evento, la reazione e il tipo di intervento psicologico con il quale cercherà di superarlo
  • L’ambiente familiare e le relazioni che intercorrono all’interno della famiglia

 

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Il bambino piccolo (dai 2 ai  5 anni) si trova nella posizione di dare un senso a qualcosa che non lo ha, riordinando confusamente il suo mondo interno e conferendo all’evento un inquietante significato che ha origine nel passato. È la connessione passato-presente che rendere difficile l’elaborazione del trauma e le sue conseguenze a lungo termine (Garland C, 1998).

Esso si sente impotente, inerte e sempre in pericolo. Solo le figure primarie possono dare al bambino un sentimento di sicurezza con la loro vicinanza. Alcuni bambini possono apparire sottomessi, silenziosi e come se nulla fosse mai accaduto. Nel gioco compaiono spesso elementi dell’evento traumatico: il bambino ricrea continuamente la scena traumatica e cerca così di gestirla attivamente.

I bambini molto piccoli reagiscono intensamente ad ogni stimolo che ricorda l’evento stressante diventando paurosi nei confronti del loro ambiente e di cose immaginarie; non comprendono il concetto di morte e sono sicuri che la persona ritorni.

Possono presentarsi comportamenti che necessitano l’attenzione dei genitori come l’attaccamento ansioso nei loro confronti e scoppi d’ira se lasciati soli. Da non sottovalutare la paura di andare a dormire e il sonno disturbato da incubi e terrore notturno. Si osserva una certa regressione ai precedenti stadi evolutivi come l’enuresi, la perdita del controllo degli sfinteri e, più in generale, la perdita di abilità recentemente acquisite.

I bambini più grandi (dai 6 ai 12 anni) comprendono il significato dell’evento e utilizzano un repertorio di risposte cognitive, emozionali e comportamentali più vasto per poterlo gestire. Concepiscono la morte come irreversibile e, di conseguenza, il loro senso di sicurezza è tenuto in scacco dalla paura, dalla vulnerabilità e dalla costante aspettativa che possa riaccadere. L’ansia si esprime attraverso il nervosismo, dipendenza emotiva eccessiva, iperattività, disturbi del sonno, dell’alimentazione, disturbi fisici e psicosomatici. Presentano difficoltà nella concentrazione dovuta alla triste intrusione dei ricordi traumatici, sono distratti, irrequieti e possono presentarsi disturbi dell’apprendimento e della condotta.

Il bambino può reagire ai sentimenti di impotenza e di colpa per non aver fatto abbastanza, attraverso la fantasia o giochi, disegni e ricostruzione dei fatti. In particolare non è difficile notare forti mutamenti comportamentali: mentre giocano possono rivelarsi aggressivi, prepotenti, sgarbati, provocatori. Al contrario possono apparire introversi, passivi, apatici, disinteressati ad attività ludiche e sociali. Si osserva una certa regressione verso comportamenti più infantili come il voler dormire con i genitori o episodi di enuresi notturna.

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